Colla…boVa – colla…boVazione
Premesso che anche da noi ci sono molte delle cose incontrate ma che nel paese in cui siamo stati sono tutte più “in grande”, mi permetto di sottoporvi questa similitudine.
Camminando in montagna è facile imbattersi in enormi formicai, camminando in Aspromonte ci siamo imbattuti in questa elevata altura con alla sommità un caratteristico borgo chiamato Bova.
18 febbraio 2016
Ci si arriva, curva dopo curva, con il fiato sospeso dopo aver vagato con lo sguardo sui pendii sottostanti ed aver notato, come primo indizio, la capacità di questa gente di cui ci si deve fidare.
Questo soprattutto quando, per cause di forza maggiore, si parte privi della “guida” che come sempre con competenza dà compattezza e sicurezza al viaggio (Opa, opa!).
Un altro indizio del carattere determinato dei bovesi troneggia in bella vista nella piazza centrale e chi fotografa la splendida locomotiva arrivata quasi per scommessa sin lassù, fotografa anche la volontà di osare, di andare contro l’evidenza ed aggirare gli ostacoli, magari con un pizzico di ironia.
Un ulteriore indizio sta nella “diffusione” della nostra sistemazione: non un albergo a cinque stelle ma… tante stelle sparse qua e là per il paese, ognuna ad indicare una porta diversa, un’abitazione diversa messa a disposizione dalla gente del posto.
Per me una sorpresa: non un ambiente perfetto ma vissuto, non le migliori comodità ma l’intimità, non la raffinatezza ma l’accoglienza. È stato come entrare in famiglia, con i difetti e gli inconvenienti di una famiglia ma anche con la sua disponibilità, la voglia di rimediare e dare il meglio.
L’indizio qui nasce dall’attaccamento alle tradizioni, dall’amore verso i propri cari e la loro fatica, dal bisogno di mantenere in vita la voce del tempo, di valorizzare gli insegnamenti e l’esperienza.
Non a caso anche se per le vie, sui gradini, tra le case non c’era nessuno, persino il silenzio sapeva di presenza, di attenzione, di desideri, di un brulicare sotterraneo.
Ecco un altro indizio: la voglia di trasmettere un valore, la semplicità di viverlo.
Una terra aspra, percorsa dall’eco e dal linguaggio di popoli stranieri, con i lupi pronti ad attaccare, le fiumare insidiose, sottomessa da terremoti ed alluvioni, con paesi audacemente arroccati su crinali di roccia, oggi abitati solo da fantasmi… ma anche una terra dolce, accarezzata sul capo da un sole generoso e sui fianchi dalle onde del mare, con gigantesche querce, dai rami forti e vigorosi, pronte ad abbracciare e proteggere ogni solitario viandante, ingioiellata di fiori simili a stelle e percorsa dal profumo di aranci, limoni e bergamotti, resa morbida dal succo denso delle olive raccolte ancora con il sudore delle mani e scorazzata dal simpatico “asproporco” (incrocio tra cinghiale e maialino) e da vivaci caprette.
E qui l’indizio sono le mimiche piante di fichi d’india che sfidano il tuo coraggio con mille spine per poi darti il succo dolce del loro cuore.
Con il tempo sembra che l’uomo e la natura si siano fusi in un rispettoso e silenzioso scambio fatto di gesti, di sudore, di faticoso lavoro da una parte e di abbondanti frutti e ricompense dall’altra.
L’indizio sta nella genuinità dei piatti che ci sono stati offerti, apprezzati e gustati proprio perché semplici e fatti come “un tempo”, nel dare valore all’essenziale, nel rendere gustosa e succulenta la semplicità di friselle e pomodoro, perché il vero condimento è la condivisione.
E allora ben vengano “Coca Cola” (il famoso vino “Negrello”), pretali (deliziosi biscotti con miele e mandorle) e tarantella con tanto di tamburello e zampogna, così che ciascuno, con semplicità, possa esprimere la gioia.
Non è mancato neppure l’aspetto leggendario della “Rocca del Drago” dove l’indizio si è espresso in un sodalizio tra lo scalpellino del tempo sulla pietra ed il bisogno e la fantasia della mente di interpretarne le forme.
Come in un formicaio ognuno ha fatto la propria parte: gli accompagnatori, attenti e pratici, disponibili e competenti; i cuochi, lesti ad accontentare e preparare piatti deliziosi; i paesi, solitari eppure pronti ad animarsi di persone gentili ed accoglienti; la natura, multiforme e viva dalle cime sino al mare; le nostre tre “formiche regine” (Mariagrazia, Luciano e Piero) che hanno controllato e mantenuto le “righe” con energia; e tutti coloro che hanno sorriso, parlato, camminato, ballato, cantato, posato per una foto, inventato un’alternativa, abbracciato un albero, stretto i denti, dato una mano, un’attenzione, un attimo di dolcezza.
Ed eccoci arrivati all’ultimo indizio: una comunità rinasce, vive, progredisce quando ogni singolo individuo ha a cuore il benessere della comunità stessa ed a volte è proprio necessario unirsi per riuscire a tirare fuori il meglio.
P.S.: A proposito: si è avverato il vostro desiderio espresso bevendo l’acqua della fontana miracolosa? Il mio no ma ora so che l’armonia di giornate passate in posti nuovi, l’incontro con cose diverse, la presenza e la collaborazione di tutti sono stati il dono migliore. Perché volere di più?.....
Sara, trekkista in Aspromonte greganico