Di ritorno dal cammino a Ikaria

« Ho una piccola spina di Ikarìa conficcata nell’anulare destro, che ha ripreso a pungere proprio oggi, il giorno del ritorno. Mi ricorda che dolore, gioia, spasso, cadute, bellezza, libertà devono necessariamente andare insieme.
In ordine sparso, di questo mio primo cammino non posso dimenticare le verdure e la risata di Zacharìas, un fauno impossibile da domare, contenere, controllare.
Non posso dimenticare le rughe, gli occhi, la voce e il modo di annuire di Giovanni, che abbiamo incontrato prima a Kampos e poi, per caso, sulla strada verso il monastero. “Ciao ragazzi!”, abbiamo sentito. Ci ha offerto dell’uva, un refrigerio per i nostri cuori accaldati.
Non posso dimenticare il volto di Marios, i suoi baffi e la sua espressione. “Questi soldi verranno spesi bene, dobbiamo finanziare la squadra di calcio, soprattutto quella femminile. Dove giocano anche donne che hanno appena partorito e che allattano mentre sono in panchina”, ci ha detto prima di salutarci.

Redazione CdC
19 settembre 2024

Non posso dimenticare la gioia che è sgorgata dal mio cuore nel raggiungere la prima cittadina dopo ore di cammino nella polvere, sotto il sole rovente: acqua fresca da bere e un mare in cui tuffarsi, le nostre menti e i nostri piedi stanchi non chiedevano altro.
Non posso dimenticare le parole di Raffaella mentre ci godevamo gli ultimi raggi di sole sulla spiaggia vicino ad Armenistis.
Non posso dimenticare la “crociera paradiso” di Ghianis e il suo rifugio di montagna. Una casa per hobbit.
Non posso dimenticare la pietra calda che ha accolto la mia schiena a 800 metri di altitudine, dopo 6 giorni di cammino.
Non posso dimenticare la fettina di limone che ci ha offerto Freedom durante una delle giornate di cammino, per dissetarci meglio.
Non posso dimenticare la compagnia di Valter, le sue conoscenze e il suo modo di fare unico, autentico e inimitabile.
Non posso dimenticare l’eleganza di Lucia e neanche quella di Alessandra, la ballerina, la piccolina, la saggia.
Non posso dimenticare la polvere che ho respirato e che ancora impregna i miei capelli, i miei vestiti e il mio zaino.
Non posso dimenticare i colori che ho visto, gli odori che ho sentito, le erbe che ho assaggiato.
Non posso dimenticare le lacrime prima di ripartire, il tempo dilatato, una settimana come un mese, le stelle.
Non posso dimenticare il piacere della compagnia e, parimenti, quello del silenzio.
Non posso dimenticare alcuni sguardi seri e altri sorridenti.
Non posso dimenticare Ikarìa e il suo vento, la sua indipendenza, i suoi spigoli. Che poi sono i nostri spigoli, quelli con cui tocca fare i conti.
Cambio pelle con dolorosa consapevolezza e con infinita gratitudine verso chi ci ha ospitato senza emulare, esagerare o tentare di compiacere. Semplicemente offrendoci quel che c’era, che era quello di cui avevo bisogno. Giorno dopo giorno, momento dopo momento. Nel qui e ora che a Ikarìa dura un tempo infinito.
Forse è questo il semplice segreto dell’isola di lunga vita. »
Sara