Incontro sul Cammino dei Briganti

Cosa ci portiamo a casa di un cammino? Cos’è che magari dopo anni ci fa ancora emozionare al solo pensiero?
Certo alcuni luoghi bellissimi o paesaggi mozzafiato possono essere ancora vividi nelle nostre menti, ma personalmente ciò che a distanza di tempo riesce ancora a smuovere il mio cuore sono gli avvenimenti inaspettati, a volte anche sventure, ma che difficilmente riuscirò a dimenticare; di questa particolare categoria fanno parte gli incontri fortuiti lungo il cammino.

Graziano Occhipinti
20 gennaio 2025

Il mio primo cammino dei briganti è stata un’esperienza costellata da incontri indelebili proprio perché inaspettati e soprattutto genuini.
Casualità a parte, ritengo però che la potenzialità di questo cammino risieda proprio nell’attraversare solo piccoli borghi fatti di gente autentica, abitanti che restano e che resistono, dove il turismo per fortuna non è ancora arrivato e vedere uno strambo gruppo di persone che viene a far loro visita con zaino in spalla è un’occasione unica di scambio, di relazione, di orgoglio, di meraviglia ma soprattutto un aprirsi senza chiedere per forza qualcosa in cambio.
Tra pranzi improvvisati e condivisi con sconosciuti a Scanzano, partite di calcio con i ragazzini a Villerose o la riunione di famiglia del pastore Americo su al Lago della Duchessa, la lista sarebbe troppo lunga.
Del primo giorno di cammino però non scorderò il racconto del signor Cesare, quasi novant’anni, uno degli ultimi abitanti del borgo di Castelvecchio, che abbiamo incontrato mentre ci riposavamo vicino a un vecchio fontanile: “L’acqua buona, e l’aria pulita. Due cose ci sono rimaste qui, ma tanto mi basta per vivere felice” così esordisce la nostra conversazione. Nel notare alcune tracce di pane vicino all’abbeveratoio ci tiene a raccontarci una storia della sua giovinezza:
“Da ragazzini, se vicino a una fontana notavamo tracce di molliche di pane, sapevamo che erano passati i Briganti. Non quelli dell’800 eh! Noi chiamavamo così pure i ladri e i farabutti, quelli che non lavoravano e che andavano a rubare il cibo nelle case. Arraffavano tutto quello che potevano e scappavano via. E allora succedeva che per poter rendere mangiabile il pane che nel frattempo nei giorni si era fatto duro venivano qui, vicino ai fontanili, e lo bagnavano per renderlo più morbido. E a quel punto per noi era meglio stare accorti perché potevano essere ancora nei paraggi. Era una vita povera e difficile”.
Una persona estremamente semplice, un racconto essenziale, un incontro genuino avvenuto senza alcuna pretesa. Per me è metaforicamente una sintesi che racchiude l’essenza di questo cammino.
Dal 22 al 29 marzo lo ripercorrerò nuovamente, questa volta come guida della Compagnia dei Cammini, e chissà quante altre storie e incontri inaspettati ci saranno!
Graziano Occhipinti