Intervista a Eugenio Bennato
Luca Gianotti: Caro Eugenio Bennato, tu studi da tanti anni il fenomeno del brigantaggio, e hai scritto tante canzoni sull’argomento: ci puoi dare la sua interpretazione? Erano davvero partigiani, come una nuova storiografia sostiene? A leggere la biografia di Carmine Crocco esce una realtà complessa, fatta di sofferenza, rabbia, ribellione, che viene incanalata spesso male, in violenza e ruberia…
Eugenio Bennato: I briganti erano personaggi di varia estrazione, idealisti, malfattori, artisti, nostalgici, sbandati, ma sicuramente lontani dalla tipologia dell’approfittatore che si inchina al nuovo potere per trarre immediati privilegi personali.
LG: Ninco Nanco: lo dipingi come un anti-eroe, che è stato ucciso per motivi politici, per farlo tacere, perché avrebbe potuto rappresentare una possibile icona popolare, simile a Emiliano Zapata, a Che Guevara… ti prego di spiegarti meglio, chi era Ninco Nanco?
EB: Il motivo per cui mi sono deciso a scrivere una ballata su Ninco Nanco è la consapevolezza che questo avrebbe portato quel nome, quel volto e quel personaggio fuori dall’anonimato della storia. Ninco Nanco è morto in battaglia, ma di lui per 150 anni nessuno aveva mai parlato. Ho scritto quella canzone guardandomi bene dall’affermare che fosse un eroe, oppure un bandito (basta leggere il mio testo: non c’è neanche una parola sulle “gesta” di Ninco Nanco). È un uomo che è esistito, e che hanno fatto fuori per distogliere l’opinione pubblica del tempo dai traffici di interesse tra gli occupanti e i nuovi arricchiti. “Ninco Nanco deve morire”, perché così si parla dell’eliminazione del brigantaggio e non della chiusura delle ferriere di Mongiana o dei cantieri navali di Castellammare.
Luca Gianotti
2 August 2013
2 August 2013
