La strada dei sogni
Esistono 3 vie per arrivare alla conoscenza, per affrontare i problemi, compreso quello della salute, se siamo in una situazione di crisi o di malattia. Sono vie da sempre presenti nelle nostre civiltà, che hanno avuto alterne prevalenze le une sulle altre, in base sostanzialmente al grado di evoluzione in cui, in un dato contesto storico, si è trovato il pensiero umano. L’efficacia del percorrere una via invece di un’altra dipende dal grado di successo che essa ottiene, rispetto al benessere che ne deriva. Se la nostra epoca va nel suo complesso “male”, sia in termini esistenziali che economici ed ambientali, è opportuno interrogarci se non sia il caso di rivedere alla radice il metodo stesso con cui osserviamo e percepiamo la realtà, dando credito a visioni nuove che finora sono state poco valorizzate.
Chiamo la prima via “Dio è fuori e sopra di noi”. È la via della tradizione, quella che ha dominato fino a non troppo tempo fa, che è ancora a fondo radicata in noi… È la via magica, dello sciamanesimo prima e delle religioni poi, che vede l’uomo creato e guidato da un’entità fuori e sopra di sé. A questa entità (il sinonimo di Dio può essere Natura o Universo o Energia o qualunque termine con cui vogliamo denominare ciò che non dipende dal nostro Io) si fa riferimento, a lei si affidano le nostre ansie e le nostre preghiere, da lei ci si aspetta comprensione, guarigione e, perfino, salvezza eterna. È la via della dipendenza, del bambino non ancora autonomo, che spera qualcuno gli levi per compassione le castagne dal fuoco. Si crede nei miracoli, che esiste una Grande Madre che tiene a noi, e che se noi ci rivolgiamo a lei “con cuore puro”, l’Amore sanerà le nostre ferite. Ed è così, chi ha questo “cuore puro” otterrà il miracolo. Le questioni irrisolte sono di vario tipo. Chi può dire d’averlo questo “cuore puro”, specialmente oggi in cui siamo bersagliati da modelli culturali consumistici e materialisti? E poi, posto che otteniamo la grazia, il costo è che rimaniamo in balia di un potere che non conosciamo, e qualcuno interessato potrà convincerci che è lui il detentore di questo potere, e di conseguenza noi diventare succubi o plagiati. Detto questo, è psicologicamente sano sapere che è giusto appoggiarci ad altri in momenti di bisogno, imparando a mostrare le nostre fragilità e a chiedere aiuto. Ma è illusorio ipotizzare l’esistenza di qualcosa o qualcuno che sopra di noi possa decidere, nel bene o nel male, della nostra sorte.
Chiamo la seconda via “Dio è fuori e sotto di noi”. La seconda via è quella della razionalità, della scienza e della tecnica, che crede che tutto possa essere studiato e spiegato, che tutto abbia una causa e, come logica conseguenza, che tutto possa essere dominato, controllato, portato a buon fine. È solo questione di tempo, prima o poi l’uomo saprà perfettamente come funziona la natura e saprà come dirigerla e soggiogarla. L’uomo ha l’intelligenza, la “res cogitans” di cartesiana memoria, si è evoluto dalla condizione animale, tutto ha una sua ragion d’essere, non esiste un dio onnipotente. L’Universo che ci sta attorno, la “res extensa”, va conquistato e colonizzato, messo sotto, dal nostro pensiero. Le leggi della natura verranno sezionate e sviscerate, ed alla fine ricondotte al volere e potere di chi ha trovato il modo di sottomettere il fuori da sé, l’homo sapiens. Cogito ergo sum, penso per cui sono… il padrone del creato. Questa visione razionalista e meccanicista del vedere il mondo è quella vincente nella nostra epoca. Sappiamo tutti che la nostra vera religione è la scienza. Quello che non convince in questo modo di affrontare il nostro rapporto con l’altro da noi è che… non funziona. Più tentiamo di controllare noi stessi e la realtà, più il nostro malessere esistenziale aumenta e più stiamo mettendo a repentaglio la sopravvivenza stessa del pianeta che ci ospita. L’ipotizzare che il nostro Io razionale possa tutto comprendere e tutto governare, mettendo un suo ordine sul disordine che lo circonda, è sicuramente affascinante, ma anche arbitrario e finalizzato solo a legittimare il dominio dell’uomo sugli altri esseri viventi e sulla natura tutta. In questa onnipotenza rischiamo di smarrire il senso del limite. Vedere la natura, a partire dal nostro stesso corpo, staccata da noi e noi col compito di ridurla al nostro volere, porta a usarla e sfruttarla senza porci il problema di una sostenibilità. Il negare un Dio sopra di noi, ha portato ad un estremo opposto, cioè credere che noi possiamo comandare su tutto, con l’unico organo a cui oramai diamo veramente credito, il cervello nella sua componente razionale. E così ciò che non è razionalizzabile, corpo e natura, si ribellano.
Chiamo la terza via “Io sono Dio”. Con questo intendo una considerazione di semplice buon senso, suffragata per altro dalle scoperte della fisica quantistica. Noi siamo fatti dalle stesse particelle di materiale cosmico che compongono il resto dell’Universo. Noi e la Natura siamo la stessa cosa. Noi e Dio siamo la stessa cosa. Questa presa d’atto dovrebbe portarci ad un rivoluzionario modo di sentirci parte del mondo. Non c’è un Dio sopra di noi, a cui dobbiamo render conto. Non c’è una Natura sotto di noi, a cui un Io razionale staccato da essa possa con arroganza imporre quel che vuole. Noi siamo Natura, noi siamo Dio. Noi dobbiamo rispettare la nostra natura, mettendo la salute al primo posto, come dobbiamo rispettare tutto ciò che ci circonda, perché non esiste una separazione fra il nostro Io pensante e il resto della realtà. Dobbiamo impegnarci ad ascoltare le energie di cui siamo fatti. Già dall’antichità si sapeva di una saggezza spontanea racchiusa in noi. Sono i sogni. La nostra natura profonda, e non il nostro ballerino Io pensante, ci sa suggerire notte dopo notte le giuste correzioni per adeguarci alle difficili scelte che ci toccano nella vita. La strada dei sogni è quella della piena responsabilità, della consapevolezza del nostro essere, delle ineliminabili contraddizioni che lo tormentano, ed anche del ruolo che dobbiamo avere col diverso da noi. Un diverso da noi che non ci è affatto estraneo, perché noi e la Natura siamo fatti della medesima pasta e governati dalle stesse complesse dinamiche. Certo, diventare responsabili della nostra sorte nell’Universo è più faticoso. Né più né meno che il diventare adulti.
In una visione equilibrata del come prenderci cura dei mali fisici e dell’anima dell’essere umano, probabilmente è giusto affermare che tutte e 3 le vie hanno un loro senso, ed, in determinati contesti, una loro validità ed utilità. Ma è anche opportuno fare alcune osservazioni, perché non tutte le strade sono uguali. Ci sono quelle più contorte e quelle più costose; quelle per cui occorre ci affidiamo ad altri, che non sempre sono in buona fede, e quelle che valorizzano invece la nostra autonomia e crescita personale; quelle storicamente superate dal livello di conoscenza e coscienza raggiunto dalla specie umana e che, quindi, guardano al passato, e quelle invece che, con fiducia nel futuro, si sforzano in una continua e onesta ricerca del nuovo; quelle che aspettano l’insorgere dei sintomi per intervenire, e quelle invece che puntano tutto sulla prevenzione; quelle paternalistiche, che ci preferiscono esecutori ignoranti, e invece quelle che stimolano il nostro coinvolgimento, incitandoci a lavorare su noi stessi e sul potenziamento della nostra capacità di prendere in mano il nostro destino (empowerment). È chiaro che sono partigiano e che preferisco di gran lunga la strada dell’educarci a “vivere con cura”, mettendo al centro l’arte dell’attenzione e del dare importanza alla saggezza interiore, che ognuno di noi possiede, e che si esprime attraverso i sogni. Ammetto comunque che nella mia vita ho ricorso e ricorro, nei momenti di bisogno urgente, all’approccio più pratico, veloce, sintomatico, causa-effetto, perché anche in questo campo si fanno veri e propri miracoli. Non mi è ancora successo, ma non lo posso certo escludere, di essere talmente disperato dal dovermi affidare ad un qualcosa di sovrannaturale. Ascolto comunque con rispetto le storie di chi ha avuto beneficio nel fare questa strada, anche se non sopporto le tante e palesi manipolazioni che in questo campo vengono prodotte.
Mi piace concludere queste riflessioni sottolineando un’ultima cosa. Non ho chiamato a caso questo scritto “La strada dei sogni”, perché sono fra quelli che, in piena e vincente era della tecnica, ha ricominciato ad andare a piedi, praticando il cammino consapevole. Con questo semplice e quotidiano esercizio, ottengo non soltanto una miglior armonia fra mente e corpo, col pieno recupero e valorizzazione delle sensazioni fisiche ed emozionali, che servono a compensare lo strapotere del pensiero, ma acquisisco una mentalità filosofica diversa dal volere “tutto e subito”, reimparando che è solo con un paziente e faticoso “passo dopo passo” che alla fine raggiungo con soddisfazione la meta che desidero. Analogamente, “sogno dopo sogno” non smarrisco la strada del mio restare persona umana, che cerca l’armonia con tutte le alterità che lo attorniano.
Guido Ulula alla Luna