Scarpinata letteraria con i Wu Ming
Sono le ore 9, sole e cielo azzurro. Brezza allegra, canto di uccelli, prati e tigli in fiore, e autostrada rombante laggiù. Dolci colline tinte di giallo-verde e filari di cipressi ad adornarle. Quassù, ai Prati di Mugnano – prima visuale panoramica per il viandante che parte da Bologna – lo spiazzo del parcheggio pian piano si riempie. Di voci, saluti, sorrisi, suoni sommessi di strumenti musicali che si schiariscono la voce. L’incontro. L’attesa. Due dimensioni così importanti di questi mesi sospesi. E iniziamo così, guardandoci attorno e riscoprendo che l’altro esiste ancora, è lì, in carne ed ossa, oltre gli schermi che ci hanno unito e separato. E riscopriamo subito che anche la natura è lì, sempre pronta, grande e capace di accoglierci. E così partiamo, centocinquanta persone al seguito di Wu Ming 1 e Wu Ming 2 e dei membri di due band bolognesi, la BaLotta Continua e il Bhutan Clan. In realtà non c’è chi guida chi, c’è un torrente di gente, di colori e parole, di piedi e cuori, che si mette in marcia.
Scarpinata letteraria, scarpinata musicale, scarpinata di liberazione. Lentamente seguiamo il sentiero, che in parte ricalca la Via degli Dei e in parte ne segue varianti meno conosciute. Camminiamo e sostiamo, sostando ascoltiamo. Prati, radure, boschi, diventano palchi naturali in cui poter assaporare brani letti dai due autori e accompagnati dai musicisti. Qui il territorio prende voce, racconta di sé: racconta – tra musiche e parole - di storie più antiche e più recenti, degli scempi ambientali portati avanti in nome del progresso e della velocità ma anche della lotta partigiana, della paura, del coraggio. I Wu Ming leggono pezzi dei loro libri, Il Sentiero degli Dei e Point Lenana, Wu Ming 2 racconta aneddoti della volta in cui percorse tutta la Via degli Dei a scopo di indagine, e i musicisti accompagnano le loro parole rafforzandole e regalandocene altre sotto forma di canzoni. La Commenda, il Rio Raibano, il cimitero e l’antica osteria di Badolo, il crinale roccioso di Monte del Frate, la vite centenaria del Fantini. Questi i luoghi attraversati compiendo un anello di 13 km e 500m di dislivello, tutti all’interno della riserva naturale del Contrafforte Pliocenico, spettacolare per le sue torri di arenaria, come quella di Monte Adone che abbiamo avvistato camminando.
Sono le 18, sole, brezza e cielo azzurro adornato di qualche nuvoletta. Sorrisi, piedi stanchi e soddisfatti, cuori leggeri, e il parcheggio pian piano si svuota. Rimangono nell’aria e nelle menti parole, pensieri, emozioni, un senso di condivisione ritrovata, di fratellanza rinnovata, di memoria rinfrescata. «Dicono che l’acqua ha una sua memoria, come il silicio e i nastri magnetici e la superficie dei compact disk. […] Forse l’acqua che abbiamo nel corpo ricorda meglio di noi le canzoni che da neonati ci accompagnavano nel sonno. Forse la pioggia e i torrenti impregnano coi loro archivi anche la terra, l’erba, gli alberi» (Wu Ming 2, Il Sentiero degli Dei). Una memoria collettiva che ci impregna e di cui impregniamo a nostra volta il mondo che ci circonda, ogni volta che camminiamo, che incontriamo, che ci emozioniamo.
Cristina Mori