Come stiamo?

Come stiamo? Sono felice che tutto stia per riaprire? Mi sono preso una pausa dai social per cercare di rispondere. Non ho trovato la risposta, ma una forma di inquietudine. Ne parlo perché forse riguarda anche qualcuno di voi. Ho pensato spesso negli ultimi giorni a come si possa sentire un animale che sta per uscire dal letargo. Che cosa prova? I suoi occhi nel buio del sonno sono cambiati? Come si dà al mondo?

Non nego che mi sento invaso da un miscuglio di sentimenti contrastanti. Una parte di me agogna la libertà, le montagne, il viaggio senza sosta, l’aria aperta sulla faccia come un vento di burrasca, tutti i mari. Freme per partire, trema di gioia all’idea di partire. Ma un’altra parte ha paura, non si sente ancora pronta ad uscire dalla tana, non ha le forze per tornare a darsi agli altri, per avere a che fare con gli uomini. Vorrebbe un altro inverno.
In mezzo a questi estremi ci sono sensazioni che mutano di ora in ora, che destabilizzano, che non convergono verso un centro ma anzi se ne allontanano.
Se ragionassi pragmaticamente, dovrei essere felice o perlomeno lieto. Tra poco forse potrò tornare a fare quei lavori che da più di un anno non posso fare e che mi danno da vivere. Eppure non è così. Tutto è più complicato. Le domande sulla vita si sono fatte più fitte nel letargo.

Non so se a qualcuno di voi stia accadendo lo stesso. Mi piacerebbe leggere come state, come vi vedete all’ingresso della tana, ora che il letargo sta per interrompersi. Mettere in comune le nostre fragilità, e lasciare da parte per una volta le proteste, le rivendicazioni, i commenti sulle notizie dell’ultima ora.

Luigi Nacci

Luigi Nacci
7 mai 2021