Di buon passo nell'Appennino che resiste /8
Continuiamo il racconto di Salvatore del suo tour in Appennino con la bicicletta (gravel) alla scoperta di chi resiste.
4 mars 2025
Tra Cariddi e Scilla
E noi, gemendo, andavamo avanti per lo stretto.
Da una parte c’era Scilla, dall’altra la divina Cariddi
fece orrendo risucchio con l’acqua salmastra del mare.
Omero, Odissea, XII, 234 - 236
Lascio la Sicilia una domenica mattina, dopo aver percorso oltre seicento chilometri e undicimila metri di dislivello. Il traghetto per Villa San Giovanni è puntuale. Mi imbarco prima delle auto. Sono l’unico ciclista a salire sulla nave.
Da Castroreale, ieri, sono sceso verso la costa. Ho attraversato nel caos Barcellona Pozzo di Gotto e poi Milazzo. Sui Colli Sarrizzo mi ritrovo di nuovo con la testa nell’Appennino. Sono sulla linea di cresta dei monti Peloritani, che degradano dolcemente verso lo Stretto di Messina. Inizio la discesa.
A Capo Peloro, Faro, come lo chiamano i messinesi, un forte scirocco agita lo stretto. Mi avvio verso uno dei due piloni, chiamati i Guardiani dello Stretto, alto 224 metri. L’altro si trova sulla sponda reggina. Per trent’anni, fino al 1985, i due tralicci hanno sorretto i cavi dell’alta tensione che, con una campata unica di oltre tre chilometri, portavano l’energia elettrica dal continente alla Sicilia.
Di fronte alla spiaggia di Faro, la mitologia greca collocava Cariddi, il pericoloso vortice che risucchiava i naviganti in fuga dal mostro Scilla, una ninfa dagli occhi azzurri trasformata in una creatura mostruosa con sei teste di cane dalla maga Circe.
Qui, tra Cariddi e Scilla, l’Appennino si inabissa per poi riemergere oltre lo stretto con le montagne dell’Aspromonte.
Inizia a piovere. Mi rifugio dai ragazzi di @casapeloro, il primo Social Café della Sicilia.
Un’altra bella storia da raccontare. Mi accoglie Nello Cutugno, presidente della Pro Loco Casa Peloro. Mi spiega che l’attività del social café è nata nel 2018 da una costola della Pro Loco, alla quale restituisce il 2% degli introiti. “Perché”, afferma Nello, “è importante fare impresa, ma allo stesso tempo è fondamentale restituire ricchezza al proprio territorio”.
Casa Peloro, oltre ad essere un bar e un ristorante, è un luogo di incontri culturali, mostre e dibattiti, dove le idee prendono forma. Promuove la filosofia dell’economia sociale e solidale e utilizza prodotti locali da agricoltura sostenibile. Ha sei soci e quattordici dipendenti, molti dei quali, nati al Nord, sono tornati nella terra d’origine.
Mentre assaggio un gustoso panino, annaffiato con un calice di bianco fermo di Sicilia, parliamo del ponte sullo Stretto. È un grande punto interrogativo. La maggior parte dei messinesi non lo vuole. Molti, però, fiutano l’affare. Di certo sconvolgerà la quiete di questi luoghi. Chi ha deciso non ha fatto bene i conti con i demoni dello stretto: Scilla, Cariddi e Poseidone, il dio del mare, dei terremoti e dei maremoti.
Il traghetto da Messina raggiunge Villa San Giovanni in meno di venti minuti. Mi avvio verso Reggio. La statale 18 è molto trafficata. Le auto sbucano da ogni incrocio e ti sfiorano. Le portiere vengono aperte all’improvviso, si fa retromarcia con il sesto senso. Raggiungo Reggio e il suo lungomare a mezzogiorno. I reggini passeggiano. Al di là dello stretto un temporale investe i Peloritani.
Appennino dove sei?
Salvatore Capasso

