Il cammino che porta all’essenziale

La maggior parte di noi cammina senza catene ai piedi, eppure non siamo liberi: siamo appesantiti dal rimpianto e dai dispiaceri che ci vengono dal passato; ci torniamo sopra e continuiamo a soffrire. Il passato è una prigione. Ora hai le chiavi per aprire quella porta e arrivare nel momento presente: inspiri, porti la mente a “casa” al corpo, fai un passo e arrivi nel qui e ora, dove c’è la luce del sole, ci sono alberi magnifici, gli uccelli cantano.
Thich Nhat Hanh
Redazione CdC
1 avril 2018

Quante volte nella vita ci sarà capitato di non riuscire ad andare avanti con qualcosa o con qualcuno? Anche se potrà sembrare strano questo è strettamente correlato con la capacità di lasciare andare. Se non impariamo a liberarci di quel peso ingombrante, di quel luogo o quella emozione, di uno schema mentale o una sensazione particolare, di un’età o qualunque altra cosa a cui ci aggrappiamo o ci opponiamo, difficilmente potremmo fare esperienza dell’istante che stiamo vivendo e andare avanti con serenità e visione profonda.

Nei testi sapienziali orientali troviamo alcuni concetti che ricorrono costantemente per ricordarci che la felicità e la pace incondizionata si incontrano nella consapevolezza lucida del momento presente e nella semplicità dell’essenziale. Nello Yoga indiano, per esempio, colui che intraprende il cammino della liberazione dalla sofferenza, attraverso la meditazione, si troverà di fronte a concetti che, come luci nell’oscurità, lo aiutano a non perdere la direzione. Uno di questi è sicuramente ‘vairagya’, termine sanscrito che può assumere, in base al contesto, il significato di ‘distacco’, ‘lasciar stare’, ‘lasciar andare’ o ‘non attaccamento’.
Vairagya quindi è un elemento che forgia la pratica meditativa e allo stesso tempo è uno dei suoi frutti.
Molto spesso nella nostra società moderna questo tipo di resa viene vissuta come un fallimento, come una debolezza o peggio come superficialità. Al contrario vairagya non è assolutamente sintomo di debolezza ma è una grande forza che denota un’importante maturità logico concettuale e spirituale. È grazie alla rinuncia che saremo interiormente liberi da ogni situazione e come per magia, completamenti assorbiti in essa.

Anche nel viaggio a piedi c’è naturalmente vairagya. Chi cammina sa che l’esperienza pedestre è uno strumento prediletto per conoscersi e che il non essenziale, passo dopo passo, si va perdendo insieme alle impronte lasciate lungo il sentiero.

Unire questi due “atti curativi”, il cammino e la meditazione, attraverso tecniche specifiche che ci risvegliano al qui e ora, come ad esempio portando l’attenzione al proprio respiro, al proprio corpo e alle proprie emozioni, rende quest’esperienza pregna di quella luce chiarificante che dà la consapevolezza e allora, il non attaccamento, oltre che un’esigenza, diventerà una capacità, un’arte e un modo salutare di essere e di approcciarsi alla vita stessa.
Nel viaggio lento, come in tutte le pratiche meditative, lo scopo ultimo si ottiene nel distacco cosciente dalla limitata e ingombrante idea di ciò che siamo (il nostro nome, il nostro lavoro o rango sociale, i nostri problemi, etc.) per lasciare lo spazio necessario al sentire, sentire la propria natura che è illimitata e leggera, fonte di gioia e di intelligenza.
Il saggio e il viandante lasciano scorrere.

Cammina, respira e lascia andare.

Nico Di Paolo (Nico YogaStudio)


Questo e molto altro è quello che ci impegniamo a condividere nei nostri Cammini di Pace.

Qui potrete trovare le proposte del nostro accompagnatore Nico Di Paolo.