Il cammino è illusione?
Tutto finisce.
Una bella passeggiata, la giornata, una vacanza, un periodo della vita. Finisce il carburante nell’auto, il cibo nel frigo, la luce di una pila. Anche il più grande degli ideali diventa prima o poi obsoleto. Finisce un amore appassionato. Finisce la vita stessa.
Nulla si crea, nulla si distrugge, recita la prima legge della termodinamica.
Ma dobbiamo fare i conti con l’entropia, che è la seconda legge che regola le energie di cui siamo fatti. Se accendo un fuoco, usufruisco del suo calore. Ma inevitabilmente tenderà a spegnersi. Cioè il materiale che ha sprigionato la fiamma si dissolve, si trasforma… muore. Se non provvedo a mettere nuova legna sulle braci, si esaurirà.
Così il nostro Sole finirà il suo combustibile in cinque miliardi di anni.
Tutto è entropico. Che senso ha?
Se ci riflettiamo a fondo, questa è la radice vera, diciamo filosofica, di tante nostre depressioni.
Perché darsi da fare, quando è tutto inutile?
Le religioni consolatorie ci tranquillizzano raccontandoci di un’aldilà… ben inteso da meritare.
La grande saggezza buddista, nonché il semplice buon senso, ed oggi la fisica quantistica, con ineffabile realismo affermano che tutto è illusione.
Il cammino è illusione?
Chi cammina sa che, un passo dopo l’altro, arriverà la stanchezza. Occorrerà fermarsi, rifocillarsi, riposare, recuperare energie insomma.
E raggiunta una meta, posto che sia una meta quello che andiamo cercando, dovremo immaginarne un’altra per riprendere il nostro andare.
Allora il cammino, che è perfetta metafora dell’esistenza, è anch’esso entropico, è anch’esso illusione?
Perché lo facciamo?
A volte non me lo chiedo, e vado per il piacere di farlo. È una via. Se nulla ha senso, perché pormi domande, perché assillarmi? Esisto perché esisto. Cammino, mangio, dormo, amo perché sono forze innate dentro di me. E basta assecondarle.
Ma altre volte il dubbio m’assale, mi interrogo sul mio percorso, ho bisogno di sapere, non riesco a far finta di niente. Lì dovrò cercare un’altra via. La via della conoscenza.
Qualcuno sostiene che sia per pochi, che sia iniziatica, esoterica. Personalmente credo che a tutti noi convenga avere uno strumento in più. In un momento difficile della vita, in un passaggio arduo del cammino, quando ti prende lo scoramento, avere o non avere una risposta può fare la differenza.
E dunque, perché decido di continuare a camminare, o a vivere, quando mi assalgono affanno e dubbi, quando non mi basta la leggerezza dell’essere?
C’è qualcuno che come me, e con me, ha voglia di parlarne?
Io, ad esempio, credo davvero nell’etica del viandante. Sono convinto che lo scopo non sia la meta, ma la consapevolezza del passo dopo passo. Che in psicologia ha il corrispettivo nella consapevolezza delle proprie contraddizioni, che stimola molto più dell’improbabile ricerca di forzate soluzioni.
Lo dico perché mi accorgo che quando sono pienamente concentrato sul gesto che sto compiendo, disattento e allo stesso tempo presente con tutto me stesso, sensorialmente, lì avviene il miracolo.
Lì sento che sono vivo e che la vita scorre. Ed il senso è vivere in totale sintonia col tutto che mi forma e circonda. Una piccola e fragile onda che partecipa al flusso di un enorme oceano.
Io lo chiamo Amore.
Non c’è niente di mistico. Non è facile, è vero, arrivare a questo stato di perfetta felicità.
Tutti possiamo averlo sperimentato per caso. Ebbene, è importante sapere che con metodo, che con una giusta educazione, a questo stato di grazia possiamo giungere quando vogliamo.
Vi sembra poco? Per questo pratico il cammino. Per questo decido di amare la vita. Nonostante sappia sia l’illusione di un momento. Un frammento di eternità.
Guido Ulula alla Luna