Il cammino è inquietudine
Potrei decidere di far finta di niente.
Quante volte l’ho già fatto.
Quanti di noi continuano a farlo.
Ma non è la stessa cosa, il farlo o il non farlo.
Il vivere o il non vivere.
Il nostro demone interiore.
Non che abbia importanza il cosa sia.
O il da dove venga.
C’è. Lo sentiamo che c’è.
I lumi della ragione, e neppure il buon senso, riescono a tenerlo a bada.
È la forza stessa della primavera.
È il primordiale bisogno di cambiare.
E di andare.
Il cammino è inquietudine.
Siamo stati nomadi, esploratori e conquistatori per troppa parte del nostro percorso evolutivo.
Concentrarci nelle megalopoli, che per ben funzionare debbono basarsi sull’ipercontrollo di ogni loro ingranaggio, lascia scoperta la nostra voglia di spazi aperti.
La Natura selvatica ci attrarrà sempre.
Come non potremo eludere in noi gli istinti che dal corpo montano.
Chi cammina sa di questo lato inquieto del suo essere.
Sa che è meglio assecondarlo, per non cadere in tanti inesplicabili malesseri esistenziali.
Il cammino ci permette di riequilibrare un eccesso di civiltà.
Quell’illusione errata che civiltà significhi meccanico e perfetto funzionamento di un organismo complesso.
Siamo fatti di imprevisti e di crisi.
Di arresti e ripartenze.
Il passo successivo, e il successivo ancora, sono comunque un’incognita.
Per questo mi rimetto in cammino.
Ancora una volta.
Senza certezze del se e del come tornerò.
Guido Ulula alla Luna