Il cammino e l’Alzheimer
Possiamo chiamarla “la vendetta del corpo”.
La medicina ipotizza che nel giro di pochi anni le malattie degenerative del cervello, con l’Alzheimer fra le altre, saranno percentualmente al primo posto, scavalcando quelle cardiovascolari e tumorali.
Che sia chiaro, se il cervello “va in pappa” non è solo colpa dell’età.
Ci sono tantissimi anziani che vivono sani come pesci e felici distare al mondo fino all’ultimo dei loro giorni. Studi fatti su queste persone evidenziano che permangono “curiose della vita”, cioè non si avvitano in sterili rimuginazioni sul passato. Vivere al presente, qui eora come si usa dire.
Ma come si fa? Come si fa ad evitare di “abusare del muscolo cervello”, logorandolo di pensieri astratti e portandolo così all’autodistruzione?
Nei malati di Alzheimer si deteriora l’apparato deputato alla funzione razionale e di controllo, lasciando in preminenza il corpo puramente istintuale.
È semplice riflettere, per chi lo vuol fare ovviamente, che questo avverrà in quei soggetti che vivono totalmente “di testa”, ignorando di coltivare il proprio mondo sensoriale.
Quando non si tratta di pochi individui, ma di una fetta consistente della popolazione, si parla di patologie sociali, che sono la spia del malessere profondo della civiltà che le esprime.
La nostra è una civiltà iper razionale e iper controllata.
Che rinnega il “mens sana in corpore sano”. Che quando usa il corpo lo chiama sport, subordinandolo alla prestazione, ai tempi, alle quantità di adrenalina che si riesce a mettere in azione. Che, non contenta dell’abuso dei propri neuroni, li iperstimola credendo di svagarsi con le macchine intelligenti. Ebbene, i primi studi sui dipendenti dall’universo virtuale evidenziano serie lesioni per l’appunto di aree cerebrali.
Il cammino e l’Alzheimer.
Qualche tempo fa ho seguito con grande interesse la conferenzadi un geriatra che lavora sul campo coi pazienti Alzheimer. Ci spiegavache è risultata utile per rallentare il progredire della malattia la pratica quotidiana del… camminare.
Se andiamo al nocciolo del problema, pensando alla prevenzione fin da giovani, dobbiamo capire fino in fondo che la specie umana non è una macchina. Che non può esistere “solo il cervello”, scollegato dal rispetto e cura del corpo che lo sostiene. Siamo fatti di materia, sensi, emozioni.
Il pensiero organizza la complessità del nostro essere, non è l’unico padrone.
Se, con la nostra onnipotenza, vogliamo pervicacemente il contrario, la natura si vendica, e ci lascia solo il corpo, con i suoi demoni liberi di imperversare.
La pratica del cammino, intesa come elementare educazione sensoriale, la più vicina alle radici del nostro processo evolutivo, puòdiventare fondamentale terapia di quel vivere moderno che disprezza l’equilibrio fra le nostre componenti. Vivere talmente assurdo che ci riduce alla fine “senza cervello”.
Guido Ulula alla Luna