In cammino mi sento “uno”
Il disagio esistenziale della nostra civiltà è la sensazione continua di separatezza.
In ogni momento della vita sono costretto a sintonizzare il mio Io razionale con quello che in realtà sono, con quello che il mio interoessere percepisce del mondo.
Dove colloco razionalmente un’emozione, o, più banalmente, un profumo, un dolore, un tramonto?
Non mi sento mai a casa mia.
Nella migliore delle possibilità, quando mi sforzo di stare attento, sono come un cronista che descrive gli avvenimenti che vede scorrere davanti a sé, non essendone però il protagonista.
Com’è diverso invece quando, in rare situazioni, sono vivo, cioè pienamente consapevole di partecipare con tutto di me a un evento.
Questo avviene sempre casualmente, quando sono sorpreso da imprevisti, quando mi lascio andare dal controllare e giudicare, quando parla il corpo, quando do credito ai sogni, quando decido che la felicità vale di più di qualunque rappresentazione, maschera, apparenza.
Solo se rinuncio ad avere interessi da quel che faccio, mi si apre una finestra per essere veramente me stesso.
Ecco perché il cammino.
In cammino mi sento “uno”.
In cammino il passo e il pensiero sono la stessa cosa.
L’intento di andare e l’andare si sovrappongono.
Non sono più diviso.
Nel movimento assaporo la mia presenza.
Sono col mondo.
Sono una sua parte.
Finalmente e semplicemente tornato a casa.
Guido Ulula alla Luna