La morte crudele di Juan Carrito
È morto su una statale dove le auto corrono, anche se i cartelli invitano alla prudenza per la presenza di orsi. È morto l’oro più simpatico e “matto” tra gli orsi marsicani. Dacia Maraini ha scritto un bell’articolo che vogliamo condividere con voi, è stato pubblicato sul Corriere della Sera:
28 janvier 2023
Juan Carrito, l’orso travolto e ucciso da un’auto. Quel mondo che non difendiamo
Di Dacia Maraini
Un orso curioso, socievole, vitale è stato investito lunedì sulla strada che va a Castel di Sangro. Aveva appena tre anni ed era goloso, cercava bacche e miele. La gente dei paesi fra le montagne marsicane lo conosceva, gli aveva dato un nome: Juan Carrito. È stato scaraventato e schiacciato contro un guard rail. Soccorso dalle guardie del parco, non ce l’ha fatta. Sembra un apologo doloroso. L’esempio di quello che sta succedendo non solo nel parco nazionale d’Abruzzo ma in tutto il mondo.
La tecnologia, le macchine, che dovrebbero aiutare gli esseri umani a vivere meglio, sono diventate le nostre armi di distruzione. Sempre più veloci, sempre più potenti, sempre più arbitrarie. In un delirio di onnipotenza ci avviamo a grandi passi verso una pericolosa estinzione. Nonostante un minuscolo virus predatore ci abbia fatto capire che siamo fragili, pericolosamente in bilico sull’orlo del burrone, noi continuiamo a farci sedurre dalle protesi della vita quotidiana: l’auto sempre più veloce, il cellulare sempre più moderno, mai sazi, mai soddisfatti, in una perenne corsa verso il possesso. Ma di cosa? Solo una stupida illusione di mantenerci padroni delle cose e del futuro? O una specie di disperata voglia di buttarsi in quel burrone e farla finita?
Eppure non mancano i cartelli sulle strade del parco. Ci sono gli avvisi: «Andate piano», ci sono cervi, lupi, volpi e orsi che attraversano le vie. Abbiate cura di quei pochi animali selvatici che abbiamo risparmiato dalla mattanza generale. È chiaro che la persona alla guida non voleva ucciderlo, ma l’ha ucciso e questo dice tutto sul nostro rapporto con gli esseri viventi che dovremmo proteggere e amare invece di cacciarli dal nostro orizzonte. L’orso fra l’altro è un potente simbolo affettivo della nostra immaginazione. Non a caso i bambini lo tengono abbracciato, anche se è di pezza. Non a caso è il re dei fumetti. È nato due milioni di anni prima dell’uomo, e la sua curiosità, la sua intelligenza, l’hanno sempre fatto considerare un animale disponibile alla convivenza. Ma a noi non va bene, perché non è produttivo: non si mangia e non fa la guardia.
E allora che ci sta a fare? Per fortuna, nella sua convenzionalità, il turismo l’ha salvato. Altrimenti non sarebbe sopravvissuto. La colpa naturalmente ora verrà attribuita all’orso che è uscito dalla sua tana, dai suoi boschi per avventurarsi in cerca di cibo. Ma chi ha ridotto in maniera drastica i suoi spazi vitali, chi ha tagliato, bruciato crudelmente le foreste? Chi ha sparso tanto di quel cemento e di quell’asfalto da ridurre il territorio a una montagna di rifiuti senza respiro? Addio Juan Carrito, la tua morte crudele ci insegni almeno qualcosa: che stiamo uccidendo il nostro passato e con lui il nostro rapporto straordinario e vivificante con la nostra madre natura.
Dacia Maraini, Corriere della Sera 25 gennaio 2023